Lessico in forma di nido. Generazione (VI)

Parole per un manifesto impossibile

Tutto ciò, sia detto solo per inciso, concorre al livellamento qualitativo della nuova produzione culturale, ovvero della produzione culturale della nostra generazione.

È un fenomeno che ha precise radici socio-politiche, troppe per poterle elencare tutte (clientelismo, accentramento di gruppi di potere, impoverimento del ceto intellettuale, svilimento delle università e dell’informazione, concorrenza di media ultra-pervasivi, censure dirette e indirette, etc.), ma che è evidente se paragoniamo gli esordienti di oggi agli esordienti del secolo scorso – in ogni ambito artistico.

L’oggettivo progresso tecnologico, invece di innalzare la qualità delle opere, ha contribuito al loro scadimento, per una singolare eterogenesi dei fini: le nuove possibilità di fruizione, la semplificazione e l’accelerazione di certi processi produttivi, la disponibilità di inesauribili fonti di materiali gratuiti – tutto questo è stato pervertito a scusante per eliminare lo studio, per squalificare i saperi attivi e l’esperienza sul campo, per ridimensionare la riflessione, la complessità, l’originalità dell’opera.

L’accento sull’immediatezza, sulla facilità di fruizione, sulla comunicatività dei prodotti ha finito per sommergere l’industria culturale con sotto-prodotti tutti uguali, stanche imitazioni di infiniti altri da cui si distanziano soltanto per minime differenze esteriori – dovute meno allo stile personale che a ragioni di marketing.

Recuperare studio e sudore; credere nella complessità; avere fiducia e sfidare l’intelligenza del pubblico; esercitare la critica anche a costo dell’impopolarità; rifiutare le logiche mercantili e comunicative e preferire la solitudine del chiostro. Grande ironia di questi tempi: siamo costretti, per essere “nuovi”, a suonare “vecchi”.

La gioventù è l’evidente immagine del tempo antico, la vecchiezza del moderno.

Giacomo Leopardi, 1821